Agli
inizi degli anni Settanta del secolo scorso, Viareggio, undicimila abitanti,
si estendeva su una superficie edificata dal Canale Burlamacca alla Via
Mazzini, allora detta Via di Confine.
Da mezzo secolo città per decreto (1820) di Maria Luisa Duchessa
di Lucca, Viareggio era divenuta Comune dell'Italia Unita nel 1870, subendo
la perdita traumatica della giurisdizione su Massarosa. L'abitato si diradava
su un ampio territorio agricolo appena bonificato, sottratto alle paludi
e alla malaria. Al di là di una macchia di giovani pini si stendeva
un vasto litorale sabbioso.
La duplice vocazione, portuale-cantieristica e balneare-turistica della
città era appena iniziata. La prima darsena era stata escavata
da un anno rispetto all'elezione di Viareggio a città, nel 1819,
e il porto-canale era contrassegnato da un molo su palafitte, lungo
190 metri. I cantieri varavano in media 150 tonnellate l'anno di naviglio.
I primi bagni pubblici, il Dori e il Nereo, erano stati costruiti nel
1827, ma da allora erano trascorsi trent'anni prima di arrivare alla
costruzione degli stabilimenti balneari: il Felice nel 1860, il Nettuno
nel 1865. Negli anni Settanta il Balena e il Quilghini erano in fase
costruttiva. Capofila degli edifici lungo il litorale era il Teatro
Alhambra.
La Via Foscolo, allora Via Nuova, e i Giardini D'Azeglio, che contenevano
un ippodromo e s'aprivano davanti al Palazzo Paolina, eretto nel 1822,
arginavano l'espansione urbanistica verso il litorale. Lungo la patronimica
Via Regia, arteria di transito e di commercio, che sfociava in Piazza
Grande, luogo di ritrovo e di arengo, sorgevano i palazzi dell'aristocrazia
ricca di Lucca. Dal 1822 si affacciava in Piazza Grande il troncone
della Reggia che Maria Luisa aveva fatto progettare dall'architetto
Lorenzo Nottolini. I lavori erano stati bloccati da Carlo Ludovico nel
1824. Nel 1827 il duca aveva fatto dono al Comune della Reggia incompiuta,
poi "ridotta ad uso di Casinò" nel 1834. Sulla Piazza
Grande si ergeva anche il Teatro Pacini, costruito da Giovanni Pacini,
musicista siciliano, giunto a Viareggio da Roma al seguito della Corte
di Giuseppina Bonaparte.
1873: in quest'ambito, dei Teatro Pacini e dei Casinò
comunale, della Piazza Grande e della Via Regia, ebbero origine i corsi
mascherati di Viareggio. Da anni immemorabili era invalso in Viareggio
un certo modo di festeggiare il Carnevale. Dai tempi dei Ducato di Lucca
sicuramente: il Governo regalava al popolo una giornata trasgressiva,
il Martedì Grasso, secondo la tradizione "padroni e servi
a banchettare insieme", e i Viareggini erano soliti designare a
governatore della città per quel giorno un mattocchio "in
chiodara, scroi e ciarpone rosso in vita" soprannominato provocatoriamente
Puppino, in contrapposizione ai "pupponi" dell'Amministrazione
ducale.
1873: la proposta di inventare un corteo di carrozze, colme
di fiori e cariche di maschere, fu discussa dai frequentatori del Caffè
del Casinò, giovanotti-bene, capiscarichi appartenenti a famiglie
che di certo avevano la carrozza nel cortile del palazzo. Basta coi
veglioni al Teatro Pacini o nei saloni del Casinò.
0 piuttosto: oltre ai veglioni al chiuso, balli all'aperto, nelle strade.
L'idea rimbalzò nelle pagine della "Gazzetta del popolo",
giornale che aveva iniziato le pubblicazioni appena un anno prima. Fu
scelta la Via Regia e il "corteo- conquistò subito il popolo
che negli anni immediatamente successivi mischierà alle carrozze
dei signori i barrocci e i carri agricoli.